(New York Times) Sette ore, dieci chilometri percorsi al museo madrileno per scoprire secoli d’arte e di capolavori.
Nel cuore di Madrid, il Museo del Prado ha celebrato i suoi 200 anni con un tributo all’arte e alla memoria. Per rendere omaggio a questa istituzione iconica, un giornalista veterano del museo — con oltre 200 visite alle spalle — ha deciso di spingersi oltre: esplorare ogni singola galleria, corridoio e vestibolo per scoprire ciò che, forse, aveva sempre trascurato. Il risultato? Una visita maratonetica di sette ore e sei miglia, che ha trasformato un luogo familiare in una rivelazione continua.
Il Prado nasce nel 1819, grazie alla volontà del re Ferdinando VII e alla spinta culturale della moglie Maria Isabel de Braganza. Originariamente concepito come Museo Reale delle Pitture, iniziò con circa 300 capolavori dell’età d’oro spagnola. Oggi è uno dei templi dell’arte occidentale, con opere che spaziano da tutta Europa e attraverso i secoli.
Nel bicentenario, il museo ha organizzato mostre speciali, eventi pubblici e persino la ricostruzione della “stanza del riposo delle Loro Maestà”, toilette regale inclusa. Ma per l’autore, il vero omaggio è stato perdersi tra i suoi meandri, lasciandosi sorprendere anche da ciò che, per abitudine, tendeva a ignorare.

Una visita interminabile
La visita comincia alle 10 del mattino. L’intenzione era di uscire entro le 14, giusto in tempo per la siesta. Ma tra il fascino delle gallerie trascurate, le conversazioni rubate di scolaresche e la scoperta di pittori dimenticati, il tempo si dilata. Alle 15, l’autore è ancora lì, affamato e felice, divorando una tortilla nel caffè del museo e chiedendo aiuto per il ritiro dei figli da scuola.
Il percorso parte dalle gallerie del XIX secolo, spesso snobbate dagli esperti, ma ricche di dettagli narrativi e tecnici. Un ritratto di Ferdinando VII firmato Goya restituisce l’anima ambigua del monarca che ispirò la fondazione del museo. Accanto, il modello in legno del Prado del 1787 e sculture di Maria Isabel offrono uno sguardo sul contesto storico della nascita dell’istituzione.

Dalle sale del neoclassicismo, si passa a quelle del Rinascimento italiano, dove il Prado sfoggia una collezione impressionante: Raffaello, Botticelli, Mantegna, Bronzino. Vi è persino una “Gioconda” eseguita da un allievo di Leonardo, dipinta accanto all’originale parigina.
L’arte fiamminga, altro fiore all’occhiello, è un trionfo emotivo. Il “Compianto sul Cristo morto” di Rogier van der Weyden, con le sue lacrime di commovente realismo, è uno dei punti più alti del percorso. Le sale diventano più affollate, ma c’è sempre spazio per l’introspezione davanti a Dürer o Bruegel.

Tanti grandi nomi
Alle 13, con 7.600 passi contati, l’autore prosegue nelle sezioni dedicate al Rinascimento spagnolo. Artisti come Luis de Morales, Bermejo e Juan de Juanes emergono con opere sorprendenti per raffinatezza e spiritualità. Al piano superiore, la scultura in bronzo di Carlo V nudo e armato — opera di Leone Leoni — incarna l’ideale imperiale in un connubio di forza e bellezza.

Il viaggio entra nel vivo nel corpo centrale del Prado, dove si susseguono senza tregua i grandi nomi: Tiziano, Rubens, El Greco, Velázquez, Zurbarán. In particolare, la “Las Meninas” di Velázquez e i cieli tormentati di El Greco incarnano la maestria barocca spagnola, tra illusionismo pittorico ed emotività trascendente.
Dopo una pausa al caffè e qualche biscotto consumato a pochi passi dalle “Tre Grazie” di Rubens, l’autore riscopre intere gallerie passate inosservate per anni: quelle dedicate a Van Dyck, Poussin e Lorrain. Un ricordo del passato lo colpisce: quando arrivò a Madrid nel 2002, il Prado era ancora un luogo austero, con servizi limitati. Oggi, è un museo accessibile, tecnologico, inclusivo.

Quante meraviglie
Infine, l’ultima scoperta: la Galleria del Tesoro del Delfino, sotto la torre nord. Una collezione di 150 oggetti in pietra dura, cristallo e oro, conservati in custodie di cuoio modellate con precisione. Una metafora perfetta per il Prado stesso: bellezza dentro e fuori.
Con oltre 200 anni di storia e più di 1.000 opere da ammirare, il Prado resta non solo un museo, ma un viaggio continuo nella meraviglia. E anche dopo sette ore, sei miglia e un cuore pieno d’arte, il desiderio è solo uno: tornarci ancora.