“The Last of Us” torna su Sky

(Financial Times) Per anni, la “maledizione dei videogiochi” ha aleggiato su Hollywood. Ma ora la seconda stagione (dal 14 aprile su Sky) spera di cancellare questa tradizione negativa.

Tentativi di trasporre amati videogiochi sul grande e piccolo schermo si sono spesso rivelati fallimentari, deludendo critica e fan con risultati che oscillavano tra il mediocre e il disastroso. Titoli come “Street Fighter”, “Mortal Kombat”, “Assassin’s Creed”, “Warcraft” e “Borderlands” sono stati saccheggiati delle loro proprietà intellettuali, ma raramente onorati nelle loro versioni cinematografiche o televisive.

Poi è arrivato “The Last of Us”. La serie HBO del 2023, basata sull’acclamato videogioco del 2013, ha infranto questa tendenza negativa con una forza dirompente. Non solo ha dimostrato che un adattamento videoludico può essere “buono”, ma ha osato spingersi oltre, raggiungendo vette di eccellenza narrativa e produttiva.

Critica e pubblico

Il successo di “The Last of Us” è stato sancito da un plebiscito di critica e pubblico, culminato in ben 24 nomination agli Emmy Awards e otto statuette vinte. In un’epoca in cui si vociferava di un declino della “peak TV”, la serie ha riacceso la speranza, suggerendo che le ricche narrazioni dei videogiochi potevano ancora offrire materiale di prima scelta, a patto di trovare la chiave per una realizzazione impeccabile.

L’attrattiva della proprietà intellettuale videoludica per i produttori televisivi e cinematografici è innegabile. I giocatori rappresentano un pubblico vastissimo, stimato in quasi metà della popolazione mondiale. Il successo di titoli come quelli usciti nel 2023 testimonia la loro forza e il loro potenziale commerciale.

Personaggi e trama complessi

Tuttavia, “The Last of Us” non ha fatto leva unicamente sulla base di fan preesistente. La sua forza risiede nell’aver compreso e rispettato l’essenza del materiale originale. Si distingueva per la sua narrazione matura, la serietà dei temi trattati e la complessità dei personaggi, capaci di suscitare emozioni contrastanti. Inoltre, a differenza di molti videogiochi che offrono al giocatore la possibilità di influenzare la trama con le proprie scelte, “The Last of Us” raccontava una storia lineare, più vicina al linguaggio cinematografico. Questo ha facilitato il compito degli autori della serie, che hanno potuto riprendere fedelmente ogni snodo narrativo cruciale, dal devastante prologo con la perdita della figlia di Joel fino al finale volutamente ambiguo e moralmente inquietante, paragonato per impatto alla scena della doccia di “Psycho” nella storia del cinema.

Dal 14 febbraio su Sky

Resta da vedere se la seconda stagione della serie televisiva (dal 14 aprile su Sky) riuscirà a navigare queste acque agitate con la stessa maestria della prima, mantenendo fede allo spirito del gioco pur apportando le necessarie modifiche per il linguaggio seriale. Una cosa è certa: “The Last of Us” ha già segnato un punto di svolta nella storia degli adattamenti videoludici, dimostrando che la “maledizione” può essere spezzata quando talento, rispetto per il materiale originale e audacia narrativa si incontrano. L’attesa per il prossimo capitolo è febbrile, e il mondo è pronto a scoprire se questa serie continuerà a ridefinire i confini della grande televisione.

Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com