(New York Times) Michael Fassbender brilla nell’elegante spy drama su Paramount+ in onda da fine novembre che non fa rimpiangere “Le Bureau des Légends” da cui è tratto.
Su Paramount+
Il nuovo spy drama “The Agency”, su Paramount+ offre un’immersione intensa nel mondo clandestino della CIA a Londra. Ka serie trae ispirazione dell’originale “Le Bureau des Légends” di Eric Rochant, serie di spionaggio francese capace di diventare un vero e proprio fenomeno nel decennio scorso con Mathieu Kassovitz nella parte dell’agente Guillaume Debailly, noto con il nome in codice di Malotru, rientrato in Francia dopo una missione in Siria durata sei anni, apparentemente pronto a passare dietro la scrivania per fare carriera come funzionario nel Bureau.
Identità fittizie
In questo remake al centro della serie c’è Michael Fassbender nel ruolo di “Martian”, un agente di punta richiamato improvvisamente da una missione sotto copertura in Etiopia durata sei anni. Durante la sua lunga missione, Martian ha vissuto con l’identità di Paul, innamorandosi di Sami (Jodie Turner-Smith), una storica e attivista politica sudanese. Il brusco termine della sua copertura non solo interrompe il suo lavoro sul campo, ma mette a rischio la sua relazione sentimentale. Martian non è pronto a lasciar andare Sami e sfida le direttive dell’agenzia, sostenendo che la questione è personale. Il suo superiore (Jeffrey Wright) lo ammonisce severamente: “Nulla è personale!”.

Michael Fassbender è il fulcro della serie
Basata sulla serie francese “The Agency” utilizza molti elementi classici del genere spionistico: la recluta a cui viene spiegato tutto, gli assistenti ambiziosi ma ingenui, le collaborazioni segrete con funzionari stranieri e i dirigenti che, sebbene appaiano distanti, dispensano saggezza ai protagonisti. La performance magnetica di Michael Fassbender è il fulcro della serie. L’attore offre una rappresentazione convincente di un uomo diviso tra le sue lealtà professionali e i sentimenti personali. Il pubblico è costantemente tenuto sull’orlo del dubbio riguardo alle vere intenzioni di Martian, chiedendosi quanto delle sue azioni siano autentiche e quanto parte di un gioco più grande. Un elemento intrigante è il rapporto tra Martian e la terapeuta dell’agenzia, interpretata da Harriet Sansom Harris. Obbligato a partecipare alle sessioni per facilitare la sua reintegrazione dopo anni sotto copertura, Martian trova in lei una sfidante intellettuale, aggiungendo profondità al suo personaggio e esplorando le difficoltà psicologiche degli agenti segreti.

Un grande investimento
Le trame secondarie che coinvolgono personaggi minori, tuttavia, sembrano meno sviluppate e talvolta disconnesse dalla narrazione principale. Nonostante ciò, l’insieme risulta estremamente raffinato e visivamente accattivante. La produzione ha investito notevolmente nella realizzazione estetica, con scenografie moderne e dettagliate che conferiscono alla serie un’atmosfera sofisticata. La rappresentazione di Londra in “The Agency” è quella di una metropoli grigia e opprimente, dove anche i luoghi comuni come i centri commerciali appaiono desolati. L’ambiente urbano, dominato da tonalità pallide e riflessi metallici, contribuisce a creare una costante sensazione di sorveglianza. Ogni movimento dei personaggi sembra essere monitorato, alimentando un clima di tensione e paranoia che rispecchia le tematiche della serie.