(Le Figaro) Pechino limita drasticamente l’uso di social e videogiochi tra gli adolescenti, tra coprifuoco online e riconoscimento facciale.
Nel cuore della rivoluzione digitale, la Cina autoritaria si trova a fronteggiare le stesse inquietudini che agitano l’Occidente: l’uso compulsivo degli smartphone da parte degli adolescenti, l’onnipresenza dei social network e i rischi connessi alla salute mentale. Ma a differenza di Parigi o Los Angeles, Pechino ha scelto una via drastica e centralizzata per proteggere i più giovani dagli “schermi magnetici”.
Dall’aprile scorso, i genitori possono attivare il “modo minorenne” sui nuovi smartphone Huawei o Xiaomi, limitando l’accesso a giochi e social network. Dal novembre 2024, le regole impongono che i minori di 16 anni non possano passare più di un’ora al giorno online, che sale a due per i ragazzi tra 16 e 18 anni, con un vero e proprio “coprifuoco digitale” che vieta l’uso tra le 22 e le 6 del mattino. Per i videogiochi, il blocco è ancora più severo: solo un’ora nei weekend e nei giorni festivi.

Ricerca di disciplina tradizionale
Queste misure fanno parte di un piano più ampio lanciato dal presidente Xi Jinping, deciso a riportare disciplina in una società dove il digitale rischia, secondo lui, di erodere i valori tradizionali. La crociata di Xi contro l’“oppio spirituale” – come l’agenzia Xinhua ha definito internet – ha colpito anche colossi come Tencent, proprietaria del popolare gioco Honor of Kings, e Douyin, la versione cinese di TikTok.
Le piattaforme sono state costrette a collaborare: algoritmi che riconoscono i volti per bloccare gli under 18 e obbligo di autenticazione per chi apre un account. Eppure, nonostante il rigore apparente, molti giovani trovano scappatoie, usando i telefoni dei genitori o conoscendo i loro codici. “I cinesi trovano sempre il modo di aggirare le regole, è quasi uno sport nazionale”, osserva un analista.

Un’inquietudine non solo cinese
Secondo un sondaggio del 2022 dell’università di Wuhan, il 67% dei genitori cinesi ritiene che i figli siano dipendenti dal cellulare, il 21% “gravemente”. Un’inquietudine che trova eco in Occidente, dove dopo episodi drammatici cresce la pressione per intervenire. Ma l’esperienza cinese mostra anche i limiti di un approccio repressivo: molti genitori lamentano che il “modo minorenne” sia troppo rigido, utile solo per i bambini più piccoli, mentre gli adolescenti hanno bisogno anche di risorse online per studiare e socializzare. “Ho smesso di usarlo, è troppo stupido e brutale”, racconta un padre di Pechino.
Il contesto politico resta però distante: in Cina, la censura e la sorveglianza di massa fanno parte di un sistema consolidato che ha escluso piattaforme occidentali come Facebook e Google, sostituite da equivalenti nazionali controllati. Dal 2013 Xi Jinping ha rafforzato il controllo ideologico per contrastare idee considerate “nocive” importate dalle democrazie liberali, in nome di una “grande rinascita della nazione cinese”.