Quando i muri fermano anche gli animali

(Guardian) Le barriere anti-migranti danneggiano la fauna selvatica, isolando specie e minacciando la biodiversità. Dalle lince europee ai puma americani, centinaia di animali pagano il prezzo della politica dei confini chiusi.

I muri non fermano solo le persone. Sempre più barriere costruite per bloccare i flussi migratori stanno infatti minacciando la sopravvivenza di centinaia di specie animali. È il caso emblematico del muro tra Polonia e Bielorussia, eretto nel 2022 per impedire l’ingresso dei migranti nell’Unione Europea. Questo sbarramento ha diviso in due la foresta primaria di Bialowieza, isolando quindici esemplari di lince europea dal resto della popolazione. Il rischio è un inevitabile impoverimento genetico.

Il muro, alto 5,5 metri e sorvegliato da telecamere e filo spinato, ha frammentato gli habitat di bisonti, lupi ed alci, creando un effetto domino su tutta la biodiversità dell’area. Un team di ricercatori polacchi ha condotto uno studio lungo la frontiera e ha scoperto che la presenza animale è drasticamente diminuita nei pressi del muro: in un anno, 36 telecamere hanno ripreso appena due linci.

74 muri nel mondo

Il caso polacco è solo uno tra tanti. Oggi si contano 74 muri di confine nel mondo, contro appena 6 nel 1989. Secondo una ricerca pubblicata nel 2025, oltre 32.000 chilometri di frontiere fisiche incidono sull’habitat di più di 700 specie di mammiferi, tra cui leopardi, tigri, saiga e ghepardi. Queste barriere ostacolano la migrazione, aumentano la consanguineità e rendono alcune specie vulnerabili al cambiamento climatico.

Il muro tra Stati Uniti e Messico è il più impattante: frammenta l’habitat di 120 specie, come puma, coati e civette, che non riescono a volare oltre la struttura. Le barriere sonore e luminose, i rifiuti e l’invasione di cani e gatti randagi alterano ulteriormente gli equilibri ecologici, favorendo l’instaurarsi di zone di contatto anomale tra fauna selvatica, esseri umani e animali domestici.

Si studiano soluzioni

In molti casi, gli animali rifiutano di avvicinarsi al muro per paura. L’esperienza della “Cortina di ferro” tra Germania Est e Cecoslovacchia dimostra come, anche dopo la rimozione della barriera, gli animali continuino per decenni ad evitarne l’area.

La comunità scientifica propone delle soluzioni: realizzare corridoi ecologici, ridurre l’inquinamento acustico, evitare l’uso di fili spinati concertina e incentivare la cooperazione tra Stati confinanti. Un esempio virtuoso arriva dal confine tra Stati Uniti e Messico, dove passaggi per animali grandi quanto un foglio A4 permettono a coyote, pécari e piccoli puma di superare il muro. Gli esperti suggeriscono un varco ogni 500 metri, contro l’attuale frequenza di uno ogni 10 km.

In luoghi ricchi di biodiversità, come le Alpi Dinariche o la frontiera tra Cina e Mongolia, queste barriere rischiano di causare estinzioni locali. I lynx e l’hémione, ad esempio, vedono i propri spostamenti sempre più limitati.

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