Piangere per stare bene

By Paolo Bonanni 27 Maggio 2025 #pianto

(The Observer) Un “insegnante di pianto” di Tokyo promuove il pianto regolare come pratica catartica e salutare, sfidando il tabù sociale sulle lacrime in Giappone e oltre.

In un mondo dove le lacrime sono spesso considerate un segno di debolezza, Hidefumi Yoshida, un “insegnante di pianto” professionista, o “namida sensei”, sta sfidando le convenzioni, promuovendo il pianto regolare come una pratica catartica e benefica per la salute. A Tokyo, presso il suo Tears and Travel Café, Yoshida tiene workshop settimanali dove, attraverso film e storie, incoraggia persone di vari settori a lasciarsi andare e dare sfogo ai propri sentimenti.

La visione di Yoshida è particolarmente sorprendente in Giappone, dove piangere è spesso visto come imbarazzante e un segno di mancanza di autocontrollo. Tuttavia, il suo approccio sta guadagnando terreno. Nonostante le differenze culturali, il tabù sulle lacrime si sta lentamente dissolvendo anche in Occidente, come dimostrano figure pubbliche che piangono apertamente, rompendo la tradizione del “self-control” tipica ad esempio della cultura britannica. Sebbene studi scientifici indichino che le donne piangono da cinque a dieci volte più spesso degli uomini, le lacrime maschili sono oggi molto meno stigmatizzate.

Bisogna piangere regolarmente

Yoshida sostiene che le lacrime siano catartiche e facciano bene alla salute. Afferma che un solo pianto è sufficiente per alleviare lo stress, ma per ottenere tutti i benefici, è necessario piangere liberamente e regolarmente. “L’ideale è lamentarsi. Più forte piangi, meglio ti senti”, dice Yoshida. Egli stesso racconta di aver smesso di ammalarsi regolarmente dopo aver iniziato a piangere una volta a settimana. Nei suoi workshop, Yoshida utilizza scene toccanti da film o immagini della natura come stimolo. I partecipanti vengono poi incoraggiati a riflettere su ciò che li ha colpiti e su come questi momenti si connettono alle loro esperienze personali. Le loro note vengono riposte in una “scatola delle lacrime”, e la lettura casuale di una nota ad alta voce funge da catalizzatore per il pianto libero.

Dal 2015, Yoshida afferma di aver fatto piangere oltre 50.000 persone, estendendo i suoi workshop in Taiwan, Bhutan e Stati Uniti, con piani futuri per India, Thailandia e Paesi Bassi.

Tante ipotesi scientifiche

Charles Darwin, ne “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”, riteneva che le lacrime fossero un “risultato incidentale” dell’evoluzione, “senza scopo come la secrezione di lacrime da un colpo esterno all’occhio”. Tuttavia, negli ultimi decenni, gli scienziati hanno proposto diverse teorie sull’evoluzione delle lacrime, suggerendo che possano aver conferito un vantaggio evolutivo. Alcune teorie includono l’adattamento alla vita in acqua salata, la necessità di mantenere l’occhio umido e libero da batteri, o persino un “gesto di resa” che segnala all’aggressore lo stato di disagio e l’incapacità di nuocere.

Ad Vingerhoets, uno psicologo olandese che da oltre 20 anni studia il pianto, ha una sua teoria: crede che le lacrime si siano associate casualmente ai richiami di vocalizzazione nei neonati. Quando i bambini piangono, tendono a stringere i muscoli intorno agli occhi, esercitando pressione meccanica sul bulbo oculare, rendendo le lacrime un prodotto di un riflesso. Nei bambini, il pianto è anche una forma di “cordone ombelicale acustico” per comunicare fame, dolore o il bisogno di contatto fisico.

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