(mynewsroom.it) Lasciare il lavoro può accelerare il declino cognitivo e aumentare il rischio di depressione. Ma con una buona pianificazione, nuovi stimoli e relazioni sociali, la pensione può diventare un’opportunità per rinforzare mente e benessere.
Andare in pensione è un traguardo per molti, ma può nascondere insidie per la salute del cervello. Lasciare il lavoro, dopo decenni di routine quotidiana, può portare a un repentino calo cognitivo e aumentare il rischio di depressione. Secondo esperti citati in un’analisi su migliaia di pensionati in Europa, la memoria verbale – cioè la capacità di ricordare parole dopo un certo tempo – tende a peggiorare più rapidamente dopo il ritiro dal lavoro. Non tutte le funzioni cognitive sono colpite allo stesso modo: abilità come il ragionamento astratto sembrano invece rimanere stabili.
Il motivo? Quando si smette di lavorare, si perde non solo una fonte di reddito, ma anche una struttura quotidiana ricca di stimoli mentali e sociali. “Dopo 50 anni di lavoro, tutto questo svanisce in un istante”, spiega Ross Andel, professore all’Arizona State University. Il cervello, abituato a essere attivo, può rispondere all’inattività con un deterioramento naturale. “È come se corpo e mente pensassero di non essere più necessari”.

Non tutti subiscono lo stesso impatto
Chi ha ricoperto ruoli di alto livello potrebbe vedere un declino più marcato, probabilmente perché la propria identità era fortemente legata alla carriera. Al contrario, chi va in pensione prima dell’età standard – spesso per lavori meno impegnativi – potrebbe mostrare un calo cognitivo più lento. Anche le motivazioni del pensionamento contano: chi è costretto a lasciare il lavoro per problemi di salute o discriminazioni legate all’età, o chi affronta difficoltà finanziarie, è a maggior rischio di depressione e isolamento.

Le donne, invece, sembrano più protette: secondo i ricercatori, tendono a mantenere più facilmente i contatti sociali e a dedicarsi alla famiglia, elementi che aiutano a preservare il benessere mentale.

Opportunità e non declino
Tuttavia, la pensione non deve essere necessariamente un declino. Può diventare un’opportunità di rinascita cognitiva ed emotiva, a patto di pianificare con anticipo. “Il piano non può essere: ‘Mi sono guadagnato una lunga vacanza e poi vedrò’”, ammonisce Andel. Meglio iniziare già qualche anno prima a costruire nuove routine mentali e fisiche. “L’obiettivo è passare da un tipo di vita a un altro”, spiega Alison Moore dell’Università della California.
Fondamentale è trovare un nuovo senso di scopo. “Per molti, il lavoro era la loro ragione di vita. Quando scompare, bisogna reinventarsene una”, dice John Beard di Columbia University. Il volontariato si rivela particolarmente efficace: studi mostrano che chi lo pratica regolarmente invecchia meglio, sia dal punto di vista cognitivo che biologico.
Non basta socializzare in modo passivo: guardare la TV o ascoltare la radio non sostituisce le interazioni umane. Servono conversazioni vere, scambi di idee: gruppi di lettura, attività creative o nuove sfide fisiche – come un corso di fitness – che stimolano il cervello e danno senso alla giornata. “La creatività si può allenare come un muscolo”, afferma Jonathan Schooler dell’Università della California. Scrivere, cucinare qualcosa di nuovo o imparare uno strumento non solo tiene in esercizio il cervello, ma regala soddisfazione e significato.