(Le Figaro) Dieci anni fa, scattare foto nei musei era spesso proibito. Oggi i visitatori si accalcano davanti ai capolavori, smartphone in mano, pronti a immortalare ogni dettaglio.
Mentre il Louvre si prepara a creare una sala dedicata esclusivamente alla Gioconda, è inevitabile riflettere su come la pratica dei selfie abbia trasformato l’esperienza museale.
Al Louvre una folla si è riversata davanti alla Gioconda, con l’unico obiettivo di catturare l’immagine del dipinto. Una turista anglofona ha addirittura posizionato due smartphone su treppiedi, filmando e commentando ad alta voce, incurante del disagio altrui. “Pubblicherò tutto sui miei siti di turismo”, ha spiegato. Intanto, le guardie del museo vigilavano, preoccupate che i visitatori, distratti dai loro telefoni, potessero urtare Le Nozze di Cana, esposte a pochi metri di distanza.
Gioconda iperfotografata, poi Van Gogh e Munch
La situazione potrebbe migliorare entro sei anni, quando il Louvre completerà una nuova sala sotterranea di 2000 m² dedicata alla Gioconda volendo riconoscere il suo status di icona globale. Tuttavia, non tutti sono entusiasti di questa decisione perché la nuova sala riflette “l’evoluzione cupa della nostra interazione con l’arte, ora soggetta alla civiltà dei selfie”.
Uno studio britannico del 2022 su Instagram ha confermato questa tendenza: la Gioconda è l’opera più fotografata (1,94 milioni di hashtag), seguita da La Notte stellata di Van Gogh (1,73 milioni) e Il Bacio di Klimt (263.001).

Non un gesto superficiale
Secondo uno studio il selfie non è solo un gesto superficiale ma vuole mostrare al mondo che si è stati in un luogo iconico che permette di acquisire grandezza per vicinanza.

Ma anche i musei…
I musei, dal canto loro, hanno abbracciato questa tendenza. Il Belvedere di Vienna incoraggia i visitatori a condividere selfie davanti a Il Bacio, mentre il Museo Nazionale di Oslo vede di buon occhio le foto con L’Urlo di Munch. Anche Versailles organizza concorsi fotografici per promuovere i suoi spazi.