Lo Stonewall batte i pregiudizi

(El Pais) Fondato a Londra nel 1991, è uno dei club LGBTQ+ più vincenti al mondo, un modello di inclusione nel calcio. Tra partite ufficiali e tornei amichevoli, il team offre un rifugio sicuro per chi ha sempre vissuto lo sport con disagio.

In un’epoca in cui il calcio è ancora spesso terreno di discriminazione, lo Stonewall FC si erge come un faro di inclusione, un luogo dove il pallone rotola lontano da pregiudizi e mascolinità tossica.

Il club, nato da un’idea di Aslie Pitter e altri pionieri rispondendo a un annuncio su un giornale, oggi conta sei squadre (maschili, femminili e non binarie) e partecipa a campionati come la Middlesex County League e la London Unity League. Sponsorizzato da big come Adidas e EA Sports, lo Stonewall FC non è solo sport, ma anche attivismo: dalle campagne contro l’omofobia alla visibilità trans.

Dalle umiliazioni ai trofei

Ma non tutto è stato facile: “negli anni ’90, ci insultavano dagli spalti e ci sputavano addosso. Giocavo in un club etero nascondendo la mia identità, finché non ho detto basta” ha rivelato un giocatore oggi sessantacinquenne. La svolta arrivò nel 1994, quando la squadra vinse l’argento ai Gay Games di New York. Da allora, i trofei si sono moltiplicati: 5 titoli ai Gay Games, 8 campionati europei e 9 Coppe del Mondo della IGLFA.

Oggi, però, le battaglie non sono finite. La recente decisione della Federazione calcistica inglese (FA) di escludere le donne trans dalle competizioni femminili ha scatenato proteste. “Il mio allenatore è una donna trans, e questa decisione è un passo indietro”, ha denunciato Ioanna Kokkinopliti, giocatrice greca della squadra femminile.

Nel club anche eterosessuali

Non solo atleti LGBTQ+: nel club giocano anche alleati eterosessuali come Tony Cornforth, che qui ha trovato un ambiente lontano dagli stereotipi tossici del calcio tradizionale. “A 19 anni smisi perché non sopportavo quell’atmosfera. Qui respiri libertà”.

Nonostante i progressi, l’omofobia persiste. “In Grecia gli allenatori dicevano che l’omosessualità non aveva posto nello sport”, ricorda Kokkinopliti. Per questo, club come Stonewall restano necessari. Eric Najib, allenatore della prima squadra, lo ribadisce: “Vogliamo sfatare gli stereotipi: essere gay non significa non amare lo sport, anzi, puoi eccellere”.

Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com