(Bbc) L’edificio colorato, con tubi a vista e scale mobili sospese a quasi 50 anni dalla sua apertura, è uno dei simboli di Parigi e sta per affrontare un restauro epocale della durata di cinque anni.
Nel 1971, il presidente francese Georges Pompidou bandisce un concorso per costruire un nuovo centro culturale nel quartiere di Beaubourg, allora un parcheggio abbandonato. Tra 681 proposte, viene scelto il progetto di due giovani architetti sconosciuti: l’italiano Renzo Piano e il britannico Richard Rogers. La loro idea? Un edificio “inside-out”, con tutte le strutture tecniche (tubi, scale, condotti) all’esterno, lasciando interni liberi e flessibili. Il colore Blu era per l’aria condizionata, il Giallo per l’elettricità, il Verde per l’acqua e il Rosso per le scale mobili panoramiche.

All’inizio fu molto contestato
“Non volevamo un museo che intimorisse, ma un luogo aperto a tutti”, racconta oggi Piano, 87 anni. Ma al tempo fu uno scandalo: “State rovinando Parigi!”. I tassisti parigini lo chiamavano “raffineria di petrolio”, Le Figaro lo paragonò al “mostro di Loch Ness” e i cittadini protestarono: “Perché distruggete il centro storico?”. Piano ricorda che alla conferenza stampa lui e Richard Rogers furono circondati da gente che li insultava.
Nonostante le polemiche, il Pompidou è diventato in pochi anni uno dei luoghi più amati di Parigi, con all’interno il Musée National d’Art Moderne (il più grande d’Europa), una biblioteca pubblica gratuita e un centro di ricerca musicale (IRCAM) diventando il terzo sito più visitato della città, dopo Louvre e Musée d’Orsay.

Il restauro 2024: cosa cambia?
Chiuso da giugno 2024 per cinque anni, il Pompidou sarà rinnovato da un team internazionale con la rimozione dell’amianto dalle facciate, miglioramenti alla sicurezza antincendio, maggiore efficienza energetica e più spazio per il pubblico.
Piano ha detto che “non è cultura con la C maiuscola, ma con la c minuscola, un posto dove le persone si incontrano, e la città ne è più ricca.
Tra le curiosità collegate al Centro c’è che il design fu influenzato dall’Archigram, collettivo avanguardista inglese. Pierre Paulin, designer dell’epoca, creò arredi futuristici anche per l’Eliseo e il Pritzker Prize dato a Piano (1998) nacque anche grazie a questo progetto.