L’Imperatore Romano tra potere e culto della personalità

(Liberation) Autorità militare, amministrazione politica, generosità pubblica e divinità postuma dell’imperatore, un ruolo che definiva non solo la politica dell’Impero ma anche la sua identità culturale.

Essere imperatore romano non era semplicemente una carica politica o un privilegio di nascita, ma un’intera professione, come racconta la storica Mary Beard nel suo L’imperatore di Roma. Il potere nel mondo antico (Le Scie) dedicato alla storia degli imperatori di Roma. Dal primo imperatore Augusto ad Alessandro Severo, assassinato nel 235 d.C., l’imperatore incarnava un complesso intreccio di autorità militare, amministrativa, religiosa e simbolica.

L’Impero Romano, essenzialmente un regime militare, richiedeva che l’imperatore fosse un capo militare capace di guadagnare il rispetto delle sue truppe. Come sottolinea Beard, il legame tra il sovrano e l’esercito era cruciale: stipendi regolari, pensioni e una vicinanza simbolica erano strumenti fondamentali per mantenere la fedeltà dei soldati. Anche se raramente gli imperatori combattevano in prima linea, condividevano con le truppe le difficoltà delle campagne. Celebre l’esempio di Caracalla, che, per avvicinarsi ai suoi uomini, partecipava personalmente ai lavori di accampamento e consumava pasti frugali.

Amministrazione minimalista

Se l’autorità militare era centrale, altrettanto lo era la gestione di un impero vastissimo con risorse amministrative sorprendentemente limitate. Beard evidenzia come l’Impero Romano funzionasse con un numero di funzionari di gran lunga inferiore rispetto ad altre grandi potenze storiche, come la Cina. La carenza di personale qualificato spinse gli imperatori ad affidare compiti cruciali a liberti ed ex schiavi, che, pur con un rango inferiore, esercitavano autorità significativa, suscitando spesso il malcontento delle élite tradizionali.

Essere imperatore significava anche incarnare la generosità dello Stato. La redistribuzione di risorse – dal grano gratuito alle elargizioni monetarie – era essenziale per mantenere il consenso del popolo. Questa munificenza si rifletteva anche nelle grandi opere pubbliche: acquedotti, teatri, bagni termali e monumenti. Adriano, ad esempio, ha lasciato più tracce visibili nella Roma moderna rispetto a Pericle nell’Atene classica. Non meno importanti erano gli spettacoli pubblici, come le corse dei carri al Circo Massimo, che rafforzavano il legame tra l’imperatore e i suoi sudditi.

Il culto della personalità

La figura dell’imperatore era onnipresente, letteralmente. Statue, monete e ritratti diffondevano la sua immagine in tutto l’Impero, costruendo un culto della personalità che sopravviveva alla sua morte. Molti imperatori, come Augusto, venivano divinizzati dal Senato, aggiungendo una dimensione ultraterrena al loro ruolo.

Non tutto, però, era visibile. Le decisioni più importanti avvenivano nella segretezza dei palazzi imperiali, spesso situati lontano da Roma. In questi spazi privati, le donne della famiglia imperiale, nonostante la loro esclusione formale dal potere, potevano esercitare un’influenza significativa, soprattutto nei delicati momenti di successione.

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