Le 3 fasi dell’invecchiamento

(New Scientist) La scienza sta rivoluzionando la nostra idea dell’invecchiamento: il declino non è graduale ma si manifesta attraverso tre periodi di rapidi cambiamenti molecolari e fisici, intorno ai 40, 60 e 80 anni.

La convinzione diffusa che l’invecchiamento sia un processo graduale e lineare potrebbe essere sbagliata. Secondo nuove ricerche del Leibniz Institute on Aging, l’invecchiamento umano è caratterizzato da tre periodi di rapida accelerazione, o “punti di svolta”, che si verificano intorno ai 40, 60 e 80 anni. Questi periodi sono contraddistinti da drammatici cambiamenti molecolari e da un’accelerazione nel declino muscolare, della pelle e del sistema immunitario, oltre a un aumento significativo del rischio di malattie cardiovascolari e di mortalità.

L’idea che l’invecchiamento non sia un declino costante ha trovato i primi indizi nello studio delle mosche della frutta (Drosophila melanogaster), che a fine vita entrano in una fase distinta, diventando blu a causa di un intestino permeabile. Questo “stato Smurf”, caratterizzato anche da una diminuzione dell’attività motoria e delle riserve energetiche, indica un rapido passaggio a uno stato più decrepito. Simili rapidi cambiamenti sono stati osservati anche in altri organismi come i nematodi e i pesci zebra.

Il calo delle cellule ematiche

Negli esseri umani, le prove di questi rapidi punti di svolta si sono accumulate negli ultimi anni. Nel 2022, ad esempio, un team del Wellcome Sanger Institute ha scoperto una transizione importante e rapida nella capacità di produrre nuove cellule del sangue intorno ai 70 anni. Dopo quest’età, la produzione di nuove cellule ematiche cala drasticamente, aumentando il rischio di anemia, disfunzione del sistema immunitario e cancro del sangue. Questo crollo è attribuito al cedimento delle cellule staminali ematopoietiche a causa del danno molecolare accumulato nel tempo, un classico punto di svolta in cui un sistema passa bruscamente da un equilibrio all’altro.

Ciao ciao proteine

Uno studio del 2019 condotto da Tony Wyss-Coray della Stanford University, che ha analizzato i livelli di proteine nel plasma di 4263 persone, ha rivelato che i partecipanti si raggruppavano in quattro fasce d’età distinte: sotto i 34 anni, tra 34 e 60, tra 61 e 78, e sopra i 78. I profili proteici cambiavano improvvisamente a 34, 60 e 78 anni, con alcune proteine che aumentavano drasticamente e altre che diminuivano.

Un altro studio di Michael Snyder, sempre di Stanford, ha analizzato RNA, metaboliti, lipidi e molecole infiammatorie, individuando due picchi significativi di marcatori di invecchiamento tra i 40 e i 45 anni e intorno ai 60. Il primo picco è stato associato a un declino nella capacità di metabolizzare caffeina e alcol, mentre il secondo ha suggerito un marcato declino della funzione renale e del sistema immunitario.

I danni molecolari

Questi punti di svolta si riflettono anche nell’incidenza delle malattie legate all’età e nei tassi di mortalità. Ad esempio, il rischio di malattie cardiovascolari aumenta bruscamente a 40, 60 e 80 anni. Dati sulla mortalità in Francia, Svezia e Giappone mostrano accelerazioni discernibili intorno ai 38 e 60 anni, che coincidono con i punti di svolta molecolari.

L’accumulo di danni molecolari sembra essere il fattore scatenante di questi cambiamenti improvvisi, sopraffacendo la capacità del corpo di ripararsi. Interventi sullo stile di vita, come dieta ed esercizio fisico, potrebbero ritardare questi punti di svolta. La comprensione di queste “transizioni” potrebbe portare a nuove strategie terapeutiche mirate per rallentare l’invecchiamento.

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