(El Pais) Le canzoni create con intelligenza artificiale hanno fatto il loro ingresso nelle piattaforme come YouTube e Spotify.
Sulle piattaforme digitali non c’è soltanto musica ambient o elettronica, ma sono presenti anche falsi gruppi di rock, salsa o jazz, capaci di ingannare anche gli ascoltatori più esperti.
Un esempio emblematico è l’album Rumba Congo (1973), caricato su YouTube con la descrizione di un gruppo fittizio chiamato Concubanas, formato a L’Avana nel 1971 e dedito a una fusion di musica cubana e congolesa.
Nella stessa descrizione si specifica che il gruppo non esiste più dal 1992, lasciando però un ricco campionario di brani celebri. Più avanti si rivela che si tratta di musica generata da IA, una modalità che permette di creare composizioni incredibilmente realistiche, spesso indistinguibili dall’originale per un ascoltatore non esperto.

Generati brani dal prompt
Questi sistemi sono ormai utilizzati non solo per produrre musica di sottofondo, ma anche per realizzare brani in vari generi come jazz, rock, salsa o son cubano, sfruttando semplici input testuali (prompt). Piattaforme come Suno, Boomy o Udio consentono a chiunque di generare composizioni abbastanza riuscite, il cui valore commerciale si stima in aumento vertiginoso: secondo uno studio della Confederazione Internazionale di Società di Autori e Compositori (CISAC) di Francia, i ricavi della musica generata da IA potrebbero salire da 100 milioni di euro nel 2023 a ben 4 miliardi nel 2028, con il 20% del fatturato delle piattaforme di streaming ormai legato a questa tendenza.
Il problema principale? La scarsa trasparenza: impossibile oggi distinguere facilmente se una canzone sia stata creata esclusivamente dall’intelligenza artificiale o dall’essere umano. Non c’è un modo per sapere se qualcosa è IA o no ed è fondamentale che questa marginale responsabilità venga ufficializzata, affinché i consumatori siano consapevoli di ciò che ascoltano. In rete si moltiplicano discussioni e richieste di etichettare con chiarezza le canzoni generate da IA.

Serve chiarezza
Su Reddit e altri forum si chiede l’introduzione di un sistema di tag e di opzioni che permettano all’utente di impedire che musica artificiale appaia nelle proprie playlist o risultati di ricerca. La questione genera dibattiti sia tra gli appassionati che tra i professionisti: alcuni avvertono di un senso di inganno o tradimento, altri invece trovano affascinante il progresso tecnologico.
Anche YouTube ha iniziato a muoversi: la piattaforma invita i creator a segnalare contenuti “generati o modificati in modo significativo con strumenti digitali”, ma questa regola viene spesso ignorata o difficile da verificare facilmente dall’utente medio. Il rischio di un “frode” audiovisiva, dove si crede di ascoltare musica autentica senza saperlo, alimenta la sfiducia e solleva problematiche legali, specialmente sul fronte del copyright.
Spotify, invece, non ha ancora adottato politiche chiare di etichettatura per i contenuti generati con IA. In una recente intervista, il responsabile Gustav Söderström ha eluso il tema, sostenendo che la IA “aumenta la creatività” e permette a più persone di comporre musica anche senza grandi competenze tecniche.