(Le Monde) L’Africa, ricca di risorse minerarie fondamentali per la transizione energetica e digitale, è al centro di una competizione globale per il controllo dei metalli strategici.
Rame, cobalto, litio e tantalo sono sempre più richiesti, spingendo potenze come Cina, Stati Uniti ed Europa a contendersi l’accesso a questi giacimenti che hanno l’Africa come grande protagonista. Alcuni Paesi, come la Zambia, vedono nell’estrazione mineraria un’opportunità di crescita economica, attrattiva per gli investitori stranieri. Altri, come la Repubblica Democratica del Congo (RDC), affrontano instabilità e conflitti legati al commercio di minerali. Il Nord-Kivu, ricco di coltan (fonte di tantalo), finanzia indirettamente gruppi ribelli come il M23.
Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, la domanda globale di questi metalli quadruplicherà entro il 2040, mentre la produzione attuale non è sufficiente a soddisfare i bisogni emergenti.

La competizione internazionale
La Cina domina la filiera dei metalli strategici africani, controllando oltre il 40% delle miniere di cobalto nella RDC e ampliando la sua influenza su vari giacimenti. Per contrastare questa egemonia, gli Stati Uniti e l’Europa aumentano gli investimenti e la pressione diplomatica, soprattutto in Paesi chiave come la RDC e l’Angola.
Anche le economie emergenti, come Brasile e Stati del Golfo, entrano nella competizione per garantire le proprie forniture. Nel 2023, un conglomerato emiratino ha acquisito una quota di maggioranza in una miniera di rame in Zambia, segnalando l’interesse crescente di nuovi attori globali.

Sfide infrastrutturali e politiche
L’industria mineraria africana, pur avendo un enorme potenziale, è ostacolata da infrastrutture carenti, alti costi energetici e instabilità politica. La corruzione e la volatilità normativa scoraggiano gli investitori. La recente sospensione delle operazioni della Barrick Gold in Mali, a causa di tensioni con la giunta militare, ne è un esempio.
Inoltre, la scarsa rete di trasporti e la dipendenza energetica rendono l’estrazione più costosa rispetto ad altre regioni del mondo. Tuttavia, il basso costo della manodopera può rendere l’Africa competitiva nel lungo termine.

Verso l’autosufficienza africana?
Per ottenere maggiori benefici, alcuni Paesi africani stanno limitando l’esportazione di minerali grezzi, cercando di sviluppare industrie locali per la raffinazione e la produzione di componenti. La RDC mira persino a produrre batterie elettriche, riducendo la dipendenza da multinazionali straniere.
Tuttavia, rimane il timore del cosiddetto “mal d’Africa del petrolio”: senza una governance trasparente e investimenti in settori diversificati, le risorse minerarie potrebbero arricchire solo una piccola élite, senza reali benefici per la popolazione.