La commozione di Chabal

By Paolo Bonanni 15 Aprile 2025 #Chabal #rugby

(Aujourd’hui) Il dramma dei danni cerebrali nel rugby nel supercampione francese con un destino molto simile ad altri giocatori.

L’ex stella del XV della Francia, Sébastien Chabal, ha rivelato di non ricordare nessuno degli incontri disputati durante la sua carriera, un “buco nero” inquietante che attribuisce ai ripetuti colpi alla testa subiti in campo. La sua testimonianza, diffusa in un’intervista su YouTube, riaccende i riflettori sui danni cerebrali legati al rugby e si unisce a quelle di altri giocatori che lottano con conseguenze simili.

Chabal, celebre per la sua fisicità implacabile e per placaggi devastanti contro avversari come All Blacks e Springboks, oggi paga il prezzo di quegli anni di sacrificio. «Non ho memoria delle mie 62 partite con la Francia», ha confessato, senza però aver mai indagato a fondo le cause dei suoi disturbi. Un destino condiviso da Malik Hamadache, ex pilone che ha abbandonato il rugby nel 2024 dopo un trauma cranico: «Ho sbalzi d’umore, perdite di memoria. A volte partecipo a riunioni ma non ricordo cosa vi sia accaduto».

L’eredità dell’era professionistica

Il problema sembra essere particolarmente acuto tra i giocatori attivi negli albori del rugby professionistico (anni ’90-2000), quando il gioco divenne più fisico e veloce, ma le protezioni e i protocolli medici erano ancora rudimentali. Alexandre Audebert, ex terza linea del Clermont, ricorda: «Quando furono introdotti i test per le commozioni, li memorizzavamo per tornare in campo il prima possibile». Steve Thompson (campione del mondo con l’Inghilterra nel 2003) e l’ex All Black Carl Hayman sono tra gli atleti che hanno denunciato federazioni per non averli protetti, soffrendo oggi di demenza precoce.

Molti ex rugbisti, però, non cercano aiuto. «Alcuni hanno problemi quotidiani ma non sono mai stati diagnosticati», spiega Hamadache. Altri, come Antoine Burban, hanno preferito ritirarsi prima del collasso fisico e mentale. Mathieu Blin, vicepresidente dell’associazione Alerte Commotions, invita a non generalizzare: «Forse Chabal recupererebbe ricordi parlando con ex compagni. Ma la sua storia è utile per sensibilizzare».

La “scatola di Pandora” del rugby

Audebert, dopo esami post-carriera, ha scoperto anomalie cerebrali non chiaramente attribuibili al rugby. «Una ricercatrice mi ha detto che studiare la nostra generazione aprirebbe un vaso di Pandora», racconta. Un monito per un sport che fatica a conciliare spettacolarità e sicurezza, mentre aumentano le cause legali e le domande: quanti altri “Chabal” silenziosi ci sono? La risposta potrebbe cambiare per sempre il futuro del rugby.

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