Integratori vitaminici: a chi servono

(Bbc) Gli integratori non sostituiscono il cibo, ma possono essere un’assicurazione per chi teme carenze. Basta evitare gli eccessi.

Un mercato da 32,7 miliardi di dollari, oltre il 70% degli americani e due terzi dei britannici che li assumono: gli integratori vitaminici sono una costante nella routine di milioni di persone convinte di fare qualcosa di buono per la propria salute. Ma la scienza è chiara: non sono una bacchetta magica. Anzi, in alcuni casi, possono persino fare male.

Vitamine e minerali sono micronutrienti essenziali — come la vitamina C per il sistema immunitario, la vitamina D per le ossa o il potassio per il cuore — che il corpo non produce e deve ricavare dal cibo. In teoria, una dieta bilanciata con frutta, verdura, cereali integrali, pesce e latticini basta a soddisfare il fabbisogno giornaliero. Ma nella pratica la media degli americani consuma solo metà della frutta e verdura raccomandata. E qui entra in gioco l’integratore.

Un’idea vecchia

L’idea che le vitamine possano prevenire malattie è vecchia di decenni. Negli anni ’70, il premio Nobel Linus Pauling sostenne che alte dosi di vitamina C curassero il raffreddore, il cancro e persino le malattie cardiovascolari. Una teoria da tempo smentita: studi rigorosi hanno dimostrato che la vitamina C non previene il raffreddore, né tantomeno lo cura.

Ancora più preoccupante è la moda dei “mega-dose”, spinta da influencer che promuovono integratori con dosi 500-1000% superiori al consentito. Ma l’eccesso può essere pericoloso: troppa vitamina D provoca nausea, sete eccessiva e, nei casi gravi, convulsioni o coma. L’eccesso di vitamina A può causare mal di testa, vertigini e persino coma. Alcuni antiossidanti, come il beta-carotene, in alte dosi aumentano il rischio di cancro ai polmoni, soprattutto nei fumatori. E la vitamina E, pur essendo un antiossidante, in grandi quantità aumenta il rischio di ictus emorragico perché fluidifica il sangue.

Vitamina D e multivitaminici

Nonostante ciò, non tutto è da buttare. La vitamina D, prodotta naturalmente con l’esposizione al sole, è un caso a parte. Nel Regno Unito, si raccomanda di assumerla da ottobre a marzo. Studi su oltre 25.000 adulti, hanno mostrato che la vitamina D non riduce l’insorgenza di cancro o malattie cardiache, ma abbassa del 17% la mortalità per cancro e del 25% nei casi di tumori avanzati dopo due anni di assunzione. Inoltre, riduce le malattie autoimmuni come artrite e psoriasi.

Anche i multivitaminici mostrano effetti promettenti, soprattutto negli over 70. Il Physician’s Health Study II ha rilevato un 18% in meno di tumori in chi assumeva un multivitaminico quotidiano. Il trial CosmosS del 2023 ha aggiunto un dato sorprendente: un calo del 60% nel declino cognitivo in tre anni.

Insomma, per la maggior parte delle persone sane e ben nutrite, gli integratori non servono. Più non è meglio. Ma ci sono eccezioni: donne in gravidanza (acido folico), vegetariani (omega-3), anziani, chi soffre di malattie intestinali o assume farmaci come la metformina. E chi vive in zone con poca luce o in case di riposo, dove un mix di calcio e vitamina D riduce del 40% le fratture all’anca.

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