(Les Echos) Il Rublo russo sta registrando una crescita straordinaria sui mercati valutari, con un incremento del 24,5% rispetto al dollaro dall’inizio dell’anno.
La moneta russa ha raggiunto la sua posizione più alta tra le valute mondiali, spinta dalle speranze di una possibile trattativa tra Donald Trump e Vladimir Putin sulla guerra in Ucraina. Tuttavia, il presidente ucraino Zelensky ha sottolineato che un cessate il fuoco rimane ancora altamente incerto. Questa impennata arriva dopo anni di difficoltà: rispetto al periodo prebellico, il rublo ha ancora un deficit del 10% nei confronti del dollaro, ma è già tornato ai livelli pre-guerra rispetto all’euro e alle valute dei principali partner commerciali della Russia, come il renminbi cinese e la rupia indiana.
Oggi, la valuta di Pechino è diventata il principale rifugio per i risparmiatori russi, con l’80-90% degli scambi commerciali tra i due Paesi avvenuti in renminbi. La Russia, infatti, ha bisogno della moneta cinese per importare prodotti essenziali come automobili, elettronica e materiali per l’industria militare.

La strategia della Banca di Russia
Nonostante la ripresa del rublo, l’inflazione in Russia continua a rappresentare una sfida. Attualmente al 9,5%, il governo prevede un lieve calo tra il 7% e l’8% nel 2025, con un picco previsto nei mesi di marzo-aprile. La Banca Centrale Russa ha mantenuto i tassi d’interesse al 21%, segnalando che un abbassamento non è ancora all’orizzonte. Le cause dell’inflazione sono strutturali: l’aumento del costo dei beni importati a causa delle sanzioni, la crescita dei salari dovuta alla carenza di manodopera causata dalla mobilitazione per la guerra, e le pesanti spese per la riorganizzazione dell’industria nazionale.
Il “rideau de fer” finanziario di Mosca
Mosca ha imposto severe restrizioni sui movimenti di capitali, impedendo alle aziende di Paesi “ostili” – come Stati Uniti ed Europa – di rimpatriare più della metà dei profitti realizzati in Russia. L’obiettivo è chiaro: evitare una fuga di capitali che potrebbe indebolire il rublo. Le imprese di Paesi “amici” come Cina, India e Turchia, in teoria, godono di maggiore libertà, ma in pratica incontrano numerose difficoltà burocratiche.
Questa politica ha spinto molte aziende straniere a reinvestire i profitti nel Paese, contribuendo indirettamente a finanziare il bilancio russo. Le imprese occidentali hanno versato 21,6 miliardi di dollari in tasse al governo russo nel 2023, per un totale di 41,6 miliardi di dollari tra il 2022 e il 2023, pari a circa un terzo del budget militare russo del 2025.

Ritirarsi per gli stranieri è un incubo
Chi decide di abbandonare la Russia deve affrontare enormi svalutazioni e vendere asset con sconti che possono superare il 50%. Mosca ha reso estremamente costoso il ritiro delle imprese straniere, spingendole a restare e ad alimentare indirettamente la macchina economica e militare del Cremlino.