Il sumo cerca fortuna nell’export

By Paolo Bonanni 14 Luglio 2025 #Hakuho #sumo

(Le Figaro) La leggenda mongola Hakuho rompe con la Federazione giapponese di sumo dopo le sanzioni ricevute, progettando un campionato mondiale alternativo all’estero.

Il mondo del sumo si trova a un bivio cruciale. Domenica, la nuova IG Arena di Nagoya ospiterà il tradizionale torneo di luglio, ma l’atmosfera è tesa dopo la clamorosa rottura tra la leggenda Hakuho e la potentissima Federazione giapponese di sumo (JSA).

Hakuho, yokozuna mongolo dal palmarès straordinario con 45 tornei vinti, ha annunciato il 9 giugno scorso di voler “far conoscere il sumo in tutto il mondo”, ma non più sotto l’egida della JSA. La federazione lo aveva sanzionato duramente nel febbraio 2024 per aver permesso a un suo allievo di molestare un pupillo. Da allora, la sua carriera è rimasta sospesa senza giustificazioni né speranze di ritorno.

Per Hakuho si tratta dell’ennesima discriminazione razzista contro le sue origini mongole, un pretesto comodo mentre misfatti più gravi di lottatori giapponesi vengono ignorati. Esasperato, ha sbattuto la porta in faccia alla JSA e ora progetta un campionato mondiale alternativo, con il sostegno del potentissimo Akio Toyoda, presidente di Toyota.

Alla conquista del mondo

Paradossalmente, questa ribellione arriva proprio mentre la JSA si lancia alla conquista del mondo. Per la prima volta in vent’anni, organizza combats di makuuchi (lottatori di prima divisione) all’estero: dal 15 al 19 ottobre alla Royal Albert Hall di Londra, poi il vero debutto internazionale il 13-14 giugno 2026 all’Accor Arena di Parigi, con 42 makuuchi inclusi i due yokozuna attuali.

I turisti stranieri si accalcano per assistere ai tornei, mentre una serie Netflix, “Sanctuary”, ha riacceso l’interesse. Tuttavia, il sumo resta prigioniero di codici feudali anacronistici. La JSA, opaca e autoritaria, tollera pratiche d’altri tempi: speculazioni finanziarie, scommesse illegali, match truccati chiamati “yaocho”.

Le donne sono out

Soprattutto, la tradizionale esclusione delle donne frena l’espansione. Nel 2018, due donne che soccorrevano un sindaco colpito da infarto sul dohyo furono cacciate dall’arbitro. Eppure, campionesse come Hiyori Kon, che insegna a Buenos Aires, potrebbero essere ambasciatrici ideali. La femminilizzazione permetterebbe al sumo di candidarsi alle Olimpiadi, sigillo universale prezioso per la sua sopravvivenza.

Il dilemma è chiaro: questo sport ancestrale, misto di rituale shintoista e lotta pura, deve scegliere tra l’adattamento alla modernità globale o il declino nell’isolamento tradizionale.

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