Il New Yorker compie 100 anni

By Paolo Bonanni 26 Febbraio 2025 #New Yorker

(El Periódico) Il settimanale continua a essere un faro del giornalismo e della cultura: curiosità, rigore e passione per le storie ben raccontate sono valori che resistono al tempo.

In un’epoca di profonda turbolenza politica e di attacchi ai media, il New Yorker celebra il suo centenario con un numero speciale che ripercorre la straordinaria traiettoria di una delle riviste più iconiche al mondo. Fondato nel febbraio 1925 da Harold Ross, il settimanale è diventato un baluardo del giornalismo approfondito, della letteratura e dell’arte, resistendo a crisi, trasformazioni e critiche. Oggi, in un contesto segnato dalle fake news e dalla guerra di Donald Trump contro i media indipendenti, il New Yorker si conferma un antidoto necessario, un faro di rigore e professionalità, un’istituzione capace di resistere alle pressioni esterne, grazie a un team di fact-checker senza eguali e a un impegno costante verso la verità.

Le origini: umorismo, curiosità e una farfalla

Nato con l’obiettivo di raccontare la vita di una New York in piena ebollizione economica, il New Yorker esordì con un tono umoristico e spiritoso. La prima copertina, disegnata da Rea Irvin, raffigurava Eustace Tilley, un dandy ottocentesco che osservava una farfalla con il monocolo. Un’immagine che diventò presto la mascotte della rivista, simbolo di uno sguardo curioso e raffinato sul mondo.

I primi numeri, però, non furono un successo immediato. Ross, che aveva perso gran parte del capitale investito in una sfortunata partita a poker, rischiò di chiudere bottega dopo pochi mesi. Fu solo grazie al sostegno del socio finanziario Raoul Fleischmann e a una radicale riorganizzazione che il New Yorker trovò la sua strada, trasformandosi in un modello inedito di giornalismo letterario e sofisticato.

Lo stile New Yorker: tra reportage e narrativa

Il New Yorker deve molto alla Tavola Rotonda dell’Algonquin, il circolo intellettuale newyorkese guidato dalla scrittrice Dorothy Parker, dove Ross affinò il suo gusto per l’umorismo tagliente e la prosa elegante. La rivista divenne presto la casa di grandi firme come James Baldwin, Janet Malcolm e Joan Didion, autori che hanno definito il DNA della pubblicazione: uno stile essenziale, diretto e spesso ironico, capace di trasformare piccole storie in grandi racconti.

Tra i suoi contributors più celebri spiccano Truman Capote, Raymond Carver, J.D. Salinger, Susan Sontag, John Updike e Haruki Murakami, una fucina di talenti e un punto di riferimento per la narrativa americana.

Critiche e controversie

Nonostante il suo status, il New Yorker non è stato immune da critiche. Negli anni ’60, i rappresentanti del New Journalism lo accusarono di essere troppo formale e borghese. Tom Wolfe arrivò a denunciare il rapporto tra il direttore William Shawn e la giornalista Lillian Ross, mentre alcuni errori editoriali, come il rifiuto di pubblicare un racconto di Gabriel García Márquez o l’ignorare i Beatles nel loro periodo d’oro, hanno lasciato macchie nella sua storia.

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