(Les Echos) La battaglia sulla trasparenza aziendale, nuova direttiva europea CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), sta scatenando un acceso dibattito tra aziende, istituzioni e ambientalisti.
Nata per combattere il greenwashing e garantire maggiore trasparenza sugli impatti ambientali e sociali delle imprese, la normativa è diventata il bersaglio delle critiche del mondo economico, che la considera un eccesso di burocrazia.
Entrata in vigore nel 2024, la CSRD impone alle aziende di rendicontare in modo dettagliato il loro impatto su ambiente e società, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo. Entro il 2030, oltre 50.000 aziende europee (di cui 6.000 francesi) dovranno adeguarsi alle nuove regole di trasparenza.
Ma il mondo imprenditoriale non l’ha presa bene. Jean-Laurent Bonnafé, CEO di BNP Paribas, ha definito la CSRD un “delirio burocratico”, lamentando il peso amministrativo imposto alle aziende. Il governo francese, che inizialmente aveva sostenuto la direttiva, chiede ora un rinvio e un alleggerimento delle norme per le medie imprese.

La “doppia materialità” e le paure delle imprese
Uno degli aspetti più controversi della direttiva è il principio della “doppia materialità”, che obbliga le aziende non solo a dichiarare come il cambiamento climatico influisce sulle loro finanze, ma anche a rendere conto del proprio impatto sull’ambiente. Un’industria inquinante, anche in assenza di sanzioni, dovrà quantificare i danni causati e comunicarli pubblicamente.
Questo punto spaventa molti dirigenti, che temono conseguenze legali e danni reputazionali. Pascal Durand, ex eurodeputato e relatore della direttiva, ha dichiarato che le aziende temono che i dati dichiarati possano “rivoltarsi contro di loro”, aprendo la strada a cause e pressioni pubbliche.

Banche e imprese cambiano rotta
Inizialmente sostenuta dal settore finanziario, la CSRD sta ora incontrando resistenze anche da parte delle banche. BNP Paribas ha recentemente annunciato un cambiamento di strategia: continuerà a sostenere la finanza sostenibile, ma allenterà le restrizioni sugli investimenti in settori come cemento e acciaio, considerati troppo penalizzati dalle normative ESG.
Anche altre banche globali, come Goldman Sachs e Morgan Stanley, hanno iniziato a ritirarsi da alleanze climatiche, soprattutto dopo l’elezione di Donald Trump, noto critico della finanza verde. Le pressioni legali negli Stati Uniti, dove alcuni stati hanno avviato cause contro i fondi ESG, stanno facendo riflettere gli istituti europei.

Una battaglia politica in Europa
La direttiva è diventata un tema caldo nella politica europea. La Germania non ha ancora integrato la CSRD nella propria legislazione, mentre Bruxelles ha dovuto richiamare 17 stati membri che non l’hanno ancora recepita. A livello europeo, il dibattito è acceso: da un lato chi vuole semplificare la normativa per non penalizzare la competitività delle imprese, dall’altro chi difende la trasparenza come strumento essenziale per una crescita sostenibile.