(Aujourd’hui) Il cambiamento climatico riscrive la mappa del vino francese che si trova ad affrontare una sfida senza precedenti.
Il mondo del vino, pilastro dell’economia e della cultura francese è alle prese con un aumento significativo delle temperature, costringendo i professionisti a rivedere pratiche consolidate e a esplorare nuove soluzioni per salvaguardare la qualità e la tipicità dei vini.
Dal 1980, la temperatura massima durante la stagione di crescita dell’uva in Francia è aumentata di circa 3°C, un incremento notevole che supera quello registrato in altre importanti regioni vinicole come la Spagna e l’Italia (circa 2°C), e decisamente superiore a quello di Stati Uniti, Giappone e Sudafrica (meno di 1°C).
Questo fenomeno è particolarmente accentuato in Europa, come evidenziato da uno studio internazionale condotto dall’Università della British Columbia. I ricercatori sottolineano che “i principali cambiamenti sono stati osservati nei vigneti europei, dove il numero di giorni in cui la temperatura massima all’ombra supera i 35°C e gli indicatori come le temperature massime durante la stagione di crescita sono stati molto più elevati che altrove nel mondo”.

Vendemmie anticipate
L’impatto del cambiamento climatico va ben oltre il mero aumento delle temperature. Il riscaldamento dell’Europa occidentale ha influenzato l’intero ciclo di sviluppo della vite. Una delle conseguenze più evidenti è l’anticipazione della vendemmia: se negli anni ’60 si raccoglieva solitamente a fine settembre, oggi si inizia già a fine agosto.
Anche il sapore e la composizione dei vini sono stati alterati. I vini attuali presentano una maggiore quantità di zucchero e alcol, mentre l’acidità è diminuita. Si stima che, in media, i vini abbiano guadagnato un grado alcolico ogni dieci anni nell’ultimo mezzo secolo. Questa modifica delle caratteristiche organolettiche solleva interrogativi sulla capacità di mantenere l’identità dei vini, tanto che un enologo potrebbe avere difficoltà a distinguere un Bordeaux del 2025 da uno del 1950 in un test alla cieca.

Si torna a usare vitigni antichi
Per far fronte a queste sfide e rispettare i rigidi disciplinari delle denominazioni d’origine controllata, i viticoltori stanno adottando diverse strategie. Tra le soluzioni esplorate, vi è l’utilizzo di vitigni antichi, un tempo trascurati, o di varietà provenienti da Paesi con climi più caldi. Gli scienziati stanno anche lavorando alla creazione di nuove varietà di viti “meno sensibili alle malattie e alle alte temperature”. Inoltre, zone di piantagione considerate troppo fredde in passato stanno diventando interessanti grazie all’aumento delle temperature.
L’irrigazione, un tempo rara nella viticoltura francese, è diventata una necessità in alcune regioni. A causa della diminuzione delle piogge naturali e delle temperature canicolari, è spesso indispensabile fornire acqua per compensare lo stress idrico delle piante. Tuttavia, non si tratta di un’irrigazione massiva: i viticoltori preferiscono sistemi a goccia e adottano pratiche come la pacciamatura per conservare l’umidità nel terreno o la gestione dello spessore del fogliame per ombreggiare i grappoli.