(El Pais) L’aiuto dell’intelligenza artificiale e del machine learning possono interpretare la comunicazione animale.
Può la tecnologia abbattere il muro della comunicazione tra uomo e animale? Quello che fino a poco tempo fa era considerato un sogno fantascientifico, oggi è oggetto di studio da parte di Google e di una rete crescente di ricercatori internazionali. Al centro delle ricerche si trova una sfida ambiziosa: sviluppare sistemi capaci di interpretare – e forse un giorno tradurre – il linguaggio di altre specie, proprio come oggi facciamo con le lingue umane.

Dal linguaggio umano a quello animale
Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale e il machine learning hanno rivoluzionato il modo in cui traduciamo idiomi umani. Ora, Google tenta di trasporre questi progressi anche nel mondo animale. Non si tratta di mera curiosità: comprendere il linguaggio degli animali aprirebbe scenari inediti nella conservazione, nella ricerca scientifica e nel rapporto tra uomo e natura.
La comunicazione animale è estremamente vasta e complessa. Dai clic emessi dai cachaloti ai rumori ultrasuoni nei roditori, ogni specie impiega un sistema di segnali differenziato, spesso inaccessibile all’orecchio umano. Riuscire a decifrare questi “codici” richiede non soltanto enormi quantità di dati, ma anche algoritmi rivoluzionari e una comprensione approfondita dei comportamenti animali.

Dialetti nei linguaggi animali
Uno degli aspetti più affascinanti emersi dagli studi è la scoperta dell’esistenza di veri e propri “dialetti” tra le specie. Un esempio emblematico sono le colonie di ratti talpa, in cui si nota la presenza di strutture vocali peculiari che si evolvono e si trasmettono di generazione in generazione. Questo suggerisce che alcune specie possiedano sistemi di comunicazione ben più elaborati di quanto si sia mai pensato.
Grazie alle reti neurali e agli algoritmi di apprendimento automatico, gli studiosi sono riusciti ad analizzare oltre 36.000 vocalizzazioni, collegandole a emozioni o situazioni specifiche. Ciò apre la strada a uno studio sempre più dettagliato delle “lingue” animali e delle loro regole di funzionamento.
Il caso delle balene
Spicca fra tutti il progetto CETI (Cetacean Translation Initiative), nato con l’obiettivo di decifrare il linguaggio dei capodogli. Gli scienziati hanno individuato oltre 150 “codas”, sequenze di clic che potrebbero fungere da fonemi, simili ai mattoni base del linguaggio umano. L’obiettivo è costruire modelli linguistici capaci di associare questi suoni a specifici comportamenti, e in prospettiva, di avviare un vero e proprio dialogo etico tra specie.
La strada della traduzione automatica degli idiomi animali non è, però, solo una questione ingegneristica. Si aprono interrogativi profondi sull’interpretazione corretta dei messaggi animali e sulle possibili conseguenze per la conservazione, la veterinaria e persino i diritti degli animali stessi.