(Liberation) Il film, che avrebbe dovuto celebrare uno dei classici più amati del 1937, è invece diventato un catalizzatore di critiche da ogni angolo dello spettro politico e sociale.
Il remake live-action di Biancaneve e i Sette Nani si è trasformato in un caso emblematico di come un progetto apparentemente innocuo possa diventare un campo minato di polemiche.
Il primo passo verso il disastro è stato l’annuncio del progetto, che sembrava inizialmente innocuo. Tuttavia, la scelta del cast ha immediatamente acceso le polemiche. Un’attrice di origini colombiane è stata scelta per il ruolo di Biancaneve, scatenando l’ira di alcuni settori conservatori. Gal Gadot, come Regina Cattiva, ha aggiunto ulteriore benzina sul fuoco avendo preso posizione a favore del governo israeliano durante la guerra a Gaza.

Una serie di errori
La situazione è peggiorata quando Peter Dinklage, attore di “Game of Thrones”, ha criticato pubblicamente il progetto, sottolineando l’ipocrisia di celebrare una Biancaneve latina mentre si perpetuano stereotipi antiquati sui nani. Disney ha risposto affermando di aver consultato la comunità delle persone di bassa statura. Le polemiche sono continuate con la rivelazione che solo uno dei sette nani sarebbe stato interpretato da un attore di bassa statura, con gli altri ridotti digitalmente in post-produzione. Questo ha portato a accuse di discriminazione sia dalla destra che dalla sinistra progressista.

Troppo politically correct
Il film si apre con una revisione politically correct della storia: Biancaneve non deve il suo nome alla pelle “bianca come la neve” (un dettaglio considerato offensivo), ma a una tempesta che imperversava la notte della sua nascita. La celebre canzone “Some Day My Prince Will Come” viene sostituita da “Waiting on a Wish”, un brano che celebra il desiderio di Biancaneve di “parlare con un cuore senza paura”. Un continuo tentativo di infantilizzare il pubblico con lezioni di vita moraleggianti, stravolgendo i propri classici.