Dentro “Apocalypse Now”

(Bbc) La storia folle delle riprese più caotiche della storia del cinema rivive nel documentario “Hearts of Darkness” trasmesso da Prime Video.

Nessuna produzione cinematografica è stata tanto travagliata quanto “Apocalypse Now”, il kolossal di guerra del 1979 diretto da Francis Ford Coppola. Mentre il documentario “Hearts of Darkness”, che ne svela i retroscena, torna in versione restaurata, il suo regista e alcuni membri della troupe raccontano l’inferno delle riprese.

“Il modo in cui abbiamo girato il film assomigliava al modo in cui gli americani agivano in Vietnam”, confessò Coppola dopo la proiezione a Cannes nel 1979. “Eravamo nella giungla, eravamo troppi, avevamo troppo denaro, troppe attrezzature e, poco a poco, siamo impazziti”.

Se i problemi durante le riprese – dai finanziamenti agli attori sostituiti, dalle malattie al maltempo – erano già noti alla stampa, fu solo nel 1991, con “Hearts of Darkness”, che emerse l’intera portata del caos. Il documentario, montato da Fax Bahr e George Hickenlooper, attinge dalle ore di girato filmato da Eleanor Coppola, moglie del regista, mostrando un set tanto ambizioso quanto disastroso: tra droghe, conflitti e imprevisti catastrofici.

Una produzione al limite

Tratto liberamente da “Cuore di tenebra” di Joseph Conrad, “Apocalypse Now” è oggi un capolavoro, ma rischiò di non vedere mai la luce. Le riprese, iniziate nelle Filippine nel 1976, dovevano durare cinque mesi, ma si protrassero per oltre un anno. Harvey Keitel fu licenziato dopo poche settimane e sostituito da Martin Sheen, che ebbe un infarto sul set. Un tifone distrusse scenografie costose, alcuni attori contrassero parassiti e altri cedettero a droghe e festini.

Marlon Brando, nel ruolo del colonnello Kurtz, arrivò sovrappeso e impreparato, costringendo Coppola a riscrivere il finale. I costi lievitarono al punto che il regista rischiò il fallimento, finanziando di tasca propria il progetto. “Anche dopo le riprese”, scrisse Eleanor nel suo diario, “Francis dava solo il 20% di possibilità di ricavarne un film decente”.

La guerra (vera) sul set

Chas Gerretsen, fotografo di guerra olandese presente sul set per sei mesi, tracciò un parallelo agghiacciante: “Il Vietnam era folle, Apocalypse Now solo un po’ meno.” La troupe, come i soldati, soffrì il caldo, l’umidità, la pioggia torrenziale e la nostalgia di casa. “Un tecnico andava a Manila ogni weekend, solo per guardare gli aerei partire per l’America”, racconta.

Coppola e un grande libro

Coppola, in crisi creativa, ammise di non riuscire a concludere il film. “Chiamo questo progetto ‘Idiodissea’”, confessò in “Hearts of Darkness”. “Non riesco a scrivere il finale. Forse la vittoria è ammettere che non ci riesco”. Eppure, gli attori gli furono fedeli, avrebbero camminato nel fuoco per lui.

“Hearts of Darkness” resta così l’accessorio indispensabile per comprendere “Apocalypse Now”: un viaggio nell’ossessione, nel caos e, alla fine, nel genio.

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