(L’Express) Il ritorno della cadenza settimanale, una puntata ogni 7 giorni ha riscoperto il gusto di aspettare gli episodi successivi.
Dopo anni di dominio incontrastato del binge watching – il consumo compulsivo di intere stagioni in poche sessioni – le piattaforme di streaming stanno riscoprendo il fascino della distribuzione settimanale. Un modello che sembrava superato, reso obsoleto da Netflix con il lancio di House of Cards nel 2013, sta oggi vivendo una rinascita grazie a serie come “The White Lotus”, “The Last of Us”. La chiave del loro successo? Creare attesa, alimentare teorie tra gli spettatori e trasformare ogni episodio in un evento sociale.
Negli anni ’90 e 2000, programmi come “Homeland” e “24” erano appuntamenti fissi, trasmessi un episodio alla settimana. Con l’avvento dello streaming, quel modello è stato soppiantato dalla possibilità di guardare intere stagioni in un solo weekend. Le serie si sono adattate: niente più filler, trame più serrate, stagioni più corte. Ma qualcosa si è perso lungo la strada: la conversazione collettiva.

Il potere dell’attesa: perché la distribuzione settimanale funziona
Negli Stati Uniti, si chiamava “water-cooler TV”: le serie di cui si parlava in ufficio il giorno dopo la messa in onda. Oggi, in un panorama iper-frammentato, le piattaforme hanno capito che il binge watching disperde l’attenzione del pubblico. Al contrario, un episodio alla settimana crea ritualità. “Lost” e “Game of Thrones” hanno dimostrato che l’attesa tra un episodio e l’altro alimenta teorie, dibattiti e un coinvolgimento più profondo.
La distribuzione settimanale non è una novità: affonda le radici nei romanzi a puntate dell’Ottocento, come “I tre moschettieri” di Dumas. Oggi, le piattaforme stanno replicando quella magia. “The White Lotus” e “Last of Us” hanno sfruttato il formato per mantenere viva l’attenzione, trasformando ogni episodio in un evento.

Un equilibrio tra vecchio e nuovo
Il binge watching non scomparirà, ma la distribuzione settimanale sta riconquistando spazio. Perché, in fondo, le storie hanno bisogno di tempo per respirare – e il pubblico ha bisogno di tempo per parlarne. Hollywood lo ha capito: a volte, per andare avanti, bisogna guardare indietro.