(mynewsroom.it) A Venezia il thriller “A House of Dynamite”: la regista premio Oscar affronta le paure atomiche del presente.
Un missile misterioso diretto contro gli Stati Uniti e una Casa Bianca in preda al panico: non si tratta di un bollettino d’agenzia, ma della trama di “A House of Dynamite”, il nuovo thriller politico di Kathryn Bigelow nelle sale dall’8 ottobre e su Netflix dal 24 ottobre. La regista premio Oscar, 73 anni, porta in concorso a Venezia un’opera che segna il ritorno a quelle narrazioni di respiro globale che l’hanno consacrata come una delle voci più autorevoli del cinema americano contemporaneo.
Il film, prodotto da Netflix e interpretato da un cast stellare che include Idris Elba, Rebecca Ferguson e Jared Harris, mette in scena l’incubo di un attacco nucleare non attribuito, raccontato attraverso le convulse ore vissute all’interno dei corridoi della Casa Bianca. Un tema che affonda le radici nelle paure infantili della stessa Bigelow: “Sono cresciuta quando ci si nascondeva sotto i banchi di scuola per sopravvivere a un’atomica”, ha ricordato la regista. “Oggi il pericolo è persino maggiore, ma viviamo in una sorta di rassegnata normalizzazione dell’impensabile.”

Da “Point Break” ai 6 Oscar
Nata a San Carlos, California, nel 1951, figlia di un direttore di fabbrica e di una bibliotecaria, Bigelow si è formata nelle arti visive prima di approdare al cinema. Dopo gli esordi negli anni Ottanta con pellicole di culto come “Near Dark” e “Point Break”, la svolta è arrivata con “K-19”, che l’ha proiettata verso il terreno della storia e della geopolitica. Ma il vero salto di qualità si è compiuto con “The Hurt Locker” (2008), intenso ritratto di un’unità di artificieri in Iraq, che le valse sei Oscar, compresi quelli per miglior film e miglior regia. Bigelow fu la prima donna nella storia dell’Academy a conquistare quest’ultimo riconoscimento, battendo l’ex marito James Cameron, candidato con Avatar.
Quattro anni più tardi, “Zero Dark Thirty” raccontò la caccia a Osama bin Laden con piglio procedurale e una protagonista femminile d’eccezione, Jessica Chastain. Se il film ottenne ampi consensi, non mancarono le polemiche per la rappresentazione delle torture usate dalla CIA. Bigelow difese la sua scelta con fermezza: “Rappresentare non significa approvare”. Da sempre si definisce pacifista, ma i suoi film restano attraversati da tensioni legate al potere e alla violenza, aspetti che hanno spinto “Time” a inserirla tra le 100 persone più influenti al mondo.

Potere, storia e Kilimanjaro
Negli ultimi dieci anni la sua attività è stata più sporadica. Dopo aver prodotto il documentario “Cartel Land” (2015) e diretto “Detroit” (2017), cronaca dura delle rivolte razziali del ’67, Bigelow si era mantenuta lontana dalle grandi produzioni. Proprio per questo il suo ritorno con “A House of Dynamite” è tra gli eventi più attesi della stagione cinematografica.
Ancora una volta, la regista affronta una ferita aperta del presente: la minaccia nucleare, oggi resa più inquietante dall’allargamento del club atomico. La sua filmografia testimonia una costante attrazione per le zone più incandescenti del potere e della storia. E come nelle sue scalate al Kilimanjaro, Bigelow sembra voler spingersi sempre oltre i limiti, portando il cinema dentro le crisi che definiscono il nostro tempo.