(Wall Street Journal) L’uso controverso dei farmaci per dimagrire rivela rischi nascosti e tensioni sociali. Come proteggersi senza colpevolizzare chi vive in un corpo diverso.
Le nuove terapie anti-obesità come Ozempic, Wegovy e Mounjaro stanno rivoluzionando il modo in cui il mondo medico affronta l’eccesso di peso. Ma mentre medici e molti pazienti celebrano questi farmaci – noti come agonisti del GLP-1 – come una svolta per la salute pubblica, un crescente movimento di attivisti “fat” li vede con sospetto, se non con ostilità. Il dibattito va ben oltre la pillola: tocca identità, stigma e il diritto di vivere in pace nel proprio corpo.
Per decenni, il movimento per l’accettazione del corpo grasso ha combattuto contro lo stigma sociale e medico. Per loro, termini come “obeso” o “in sovrappeso” sono tabù: preferiscono “grasso”, un termine riappropriato, che rifiuta la patologizzazione del corpo.
Oggi, temono che l’entusiasmo intorno ai farmaci per la perdita di peso stia amplificando la pressione sociale a dimagrire, penalizzando chi non lo fa. “Ozempic sta peggiorando le cose per noi al 100%”, denuncia Tigress Osborn, direttrice esecutiva della National Association to Advance Fat Acceptance (NAAFA). “C’è un racconto pubblico sempre più forte: basta prendere questa pillola magica e risolvi tutto. Se non lo fai, te lo meriti.”

Si chiede inclusione
Gli attivisti non vogliono impedire a nessuno di perdere peso, ma chiedono una società più inclusiva, dove la salute non sia giudicata dall’aspetto fisico. Raccontano storie di umiliazioni in ambulatorio: camici troppo piccoli, macchinari inadatti, medici che attribuiscono ogni male al peso, anche una slogatura o un mal di testa. “Il mio dottore pensa che ogni mio problema sarebbe risolto se dimagrisco”, racconta Pamela Mejia. “Una volta sono caduta da una montagna e mi hanno detto che sarebbe stato meglio se fossi dimagrita. La montagna mi ha attaccato perché sono grassa?”
Questo bias medico spinge molte persone in sovrappeso a evitare le cure, ritardando diagnosi e screening, con conseguenze potenzialmente fatali. Eppure, i medici specializzati in obesità insistono: l’obesità è una malattia cronica, riconosciuta dall’American Medical Association dal 2013, che aumenta il rischio di diabete, malattie cardiache e altre patologie: trattare l’obesità è fondamentale per migliorare la salute complessiva.

Grasso non è fallimento
Per molti pazienti, i farmaci GLP-1 sono stati trasformativi. Tommy Tomlinson, autore di un memoir sull’obesità, ha perso 58 chili e racconta di aver ritrovato una pace mentale: “Il rumore costante del cibo nella mia testa è sparito”. Per lui, questi farmaci hanno portato una rivelazione: “Non è colpa mia”. Una liberazione simile, sostengono gli attivisti, dovrebbe essere accessibile a tutti – anche a chi non vuole dimagrire.
Il costo dell’obesità è enorme: 385 miliardi di dollari in spese sanitarie negli USA nel 2024, secondo i Centers for Medicare and Medicaid Services. Il mercato dei farmaci GLP-1 potrebbe raggiungere i 126 miliardi entro il 2029. Ma gli attivisti mettono in guardia: la storia è piena di “soluzioni miracolose” poi rivelatesi pericolose, come il Fen-Phen negli anni ‘90.
Il nodo resta culturale: la società vede il corpo grasso come un fallimento morale. “La gente dice cose sui grassi che non direbbe mai su neri, gay o anziani”, osserva la psicologa Esther Rothblum. Il vero obiettivo, dicono gli attivisti, non è fermare la perdita di peso, ma costruire un mondo dove tutti – magri o grassi – possano vivere liberi dal giudizio. Le droghe per la perdita di peso dividono il mondo: medici e pazienti entusiasti, ma gli attivisti “fat” alzano la voce
Le nuove terapie anti-obesità come Ozempic, Wegovy e Mounjaro stanno rivoluzionando il modo in cui il mondo medico affronta l’eccesso di peso. Ma mentre medici e molti pazienti celebrano questi farmaci – noti come agonisti del GLP-1 – come una svolta per la salute pubblica, un crescente movimento di attivisti “fat” li vede con sospetto, se non con ostilità. Il dibattito va ben oltre la pillola: tocca identità, stigma e il diritto di vivere in pace nel proprio corpo.