(Le Point) Lo chef visionario Rasmus Munk propone a Copenhagen una cena che diventa un viaggio fuori dagli schemi tra arte, scienza ed emozioni.
A Copenaghen, nel cuore di un ex sito industriale, il visionario chef Rasmus Munk ha dato vita ad Alchemist, un ristorante fuori da ogni schema che sta rivoluzionando l’idea stessa di cena. Due stelle Michelin, prezzi proibitivi (fino a 700 euro a persona) e mesi di attesa per una prenotazione non scoraggiano chi sogna di vivere un’esperienza culinaria al limite del teatrale. Qui, il pasto è solo il punto di partenza per un’immersione multisensoriale che unisce gastronomia, arte, tecnologia e provocazione.
L’esperienza da Alchemist è strutturata in cinque atti, proprio come uno spettacolo. Ogni fase si svolge in ambienti scenografici diversi, ciascuno pensato per stimolare vista, udito, olfatto e gusto. Il menu è composto da circa 50 “sequences”, piatti che più che pietanze sono narrazioni gastronomiche. Munk usa la cucina per raccontare storie, evocare emozioni e sollevare interrogativi sociali e ambientali.

Un hangar di gusto e arte
L’ingresso nell’enorme hangar di Refshaleoen, trasformato in un tempio del gusto e dell’arte, segna l’inizio di un viaggio che mescola l’umanesimo con la scienza. In una sala, un video proietta il volto dei commensali ricostruito dall’intelligenza artificiale mentre una citazione di Einstein (“L’immaginazione è più importante della conoscenza”) dà il tono filosofico alla serata. Gli chef e i ricercatori lavorano in un ambiente che ricorda un laboratorio: qui si distilla essenza di tè da escrementi di baco da seta o si serve cocktail a base di acido formico proveniente dalle formiche.

Preparazioni innovative
Munk, infatti, lavora con scienziati e studiosi per sviluppare ingredienti e preparazioni innovative, spesso con finalità educative. Non è raro trovare piatti che denunciano lo spreco alimentare o l’inquinamento marino: tra i più emblematici, una “lingua gigante” fatta di tartare di manzo, modellata come una conchiglia, o una pupilla gigante ripiena di caviale e mousse, ispirata al concetto di sorveglianza di massa in stile Big Brother.

I piatti sono messaggi visivi
Il momento centrale della cena – l’“Atto III” – si consuma sotto una cupola sferica dove immagini e suoni avvolgono gli ospiti in un’atmosfera onirica. I piatti diventano messaggi visivi e morali: una testa di silicone da cui si mangia cervello d’agnello e ciliegie, o una coscia di pollo servita da una gabbia, metafora della libertà negata.
Alchemist non è solo alta cucina: è teatro, scienza, filosofia, provocazione. Un progetto ambizioso e avanguardista, che ha ridefinito l’idea di ristorante come spazio immersivo, in grado di parlare al cuore e alla mente.