(El Mundo) Con le tecnologie spaziali in arrivo, la Cina guida il mondo nella sorveglianza di massa, fondendo innovazione e autoritarismo.
In Cina, la sorveglianza non è più solo un concetto astratto: è una presenza tangibile, capillare, e in continua evoluzione. Con oltre 600 milioni di telecamere installate — l’equivalente di una ogni due cittadini adulti — il colosso asiatico ha trasformato il controllo pubblico in una componente quotidiana della vita urbana e rurale, raggiungendo persino le cime delle sue montagne sacre.
Nel distretto di Nanyue, nella provincia di Hunan, dove l’aspettativa di vita sfiora i 90 anni, la sorveglianza si intreccia con la tradizione. Qui, lungo i sentieri del Monte Heng, una delle cinque montagne sacre del Taoismo, i visitatori vengono monitorati da telecamere nascoste tra gli alberi e i templi. I pagamenti si effettuano tramite riconoscimento facciale e i droni consegnano cibo ai turisti che ordinano tramite app geolocalizzate. Un connubio tra spiritualità e tecnologia che rivela il volto più sofisticato — e invasivo — della Cina contemporanea.

Tutto è controllato
Secondo l’analisi della britannica Comparitech, otto delle dieci città più sorvegliate al mondo si trovano in Cina, con Shanghai, Chongqing e Shenzhen in testa. A Chongqing, solo in un distretto sono state aggiunte quasi 28.000 nuove telecamere. Ma il controllo va ben oltre la sicurezza: spesso, i dispositivi invadono anche spazi privati come camere d’hotel, spogliatoi e perfino bagni pubblici, sollevando proteste e scandali.
Di fronte all’indignazione crescente, Pechino ha approvato di recente nuove norme che vietano l’installazione di telecamere in luoghi dove potrebbero violare la privacy. Tuttavia, il regolamento non tocca l’operato dei comitati di quartiere, controllati dal Partito Comunista, che decidono in autonomia l’orientamento dei dispositivi nei loro ambiti territoriali. Una zona grigia dove le regole si piegano alle logiche del controllo politico.

La repressione è preventiva
Il ricorso alla tecnologia per il controllo sociale non è una novità. Dopo la repressione di Piazza Tiananmen del 1989, la Cina ha costruito una rete di videosorveglianza senza precedenti, potenziata dalla tecnologia e oggi resa ancora più potente dall’uso del riconoscimento facciale. Il politologo Minxin Pei definisce questo sistema un “modello efficace di repressione preventiva”, capace di superare perfino le pratiche dei regimi comunisti dell’Europa orientale.
E il futuro? Non si ferma sulla terra. La Cina è già proiettata nello spazio. Un recente studio pubblicato sul Chinese Journal of Lasers rivela che un team dell’Accademia cinese delle Scienze ha sviluppato una fotocamera a laser ad altissima risoluzione, capace di identificare dettagli umani dall’orbita terrestre bassa. Un prototipo testato sul lago Qinghai ha raggiunto una risoluzione millimetrica da oltre 100 chilometri di distanza, aprendo nuovi scenari per la sorveglianza dallo spazio.